Nei giorni d'inverno, quando mi svegliavo, c'erano "fiori" bianchi di gelo, ai vetri delle finestre. Allora la mamma mi avvolgeva in una coperta di lana e mi portava giù, in cucina. E da lì io vedevo la "magia". Sul piano del focolare posava un po' di carta, sopra la carta metteva dei ramoscelli secchi ben ordinati, e su questi qualche pezzo di legno più grosso. Poi prendeva da una scatolina uno steccolino di legno e zac! lo strofinava e nasceva all'improvviso una fiammella. Avvicinava la fiammella alla carta e subito si sprigionava il fuoco. Il fuoco, con le sue fiamme dai colori diversi, era per me un mistero. Osservavo a lungo, sotto il paiolo della polenta, mentre la mamma rimestava la farina, le lunghe fiamme che salivano da ogni parte e parevano vive, con quei colori mai uguali: rosso, violetto, giallo e persino verde e azzurro. Nelle sere d'inverno, la mamma metteva sul focolare un grosso pezzo di legno che bruciava lento. lo mi avvicinavo, lo toccavo con la paletta e lui mandava fuori scintille simili a stelline che salivano dentro il camino. Mario Lodi
Che dire del bosco d'inverno? L'occhio forse vi trova quadri diversi per una larga e cupa fronda d'abete ricurva sotto il fantastico cappuccio di neve, per i neri ricami dei ramoscelli cascanti dei larici, per la cima del pino che sporge appena dal bianco cumulo portato dal vento, ma l'orecchio nostro non ascolta che l'uguale profondo silenzio. Pare che il gelo e il gran manto tengano immobile ogni ramo, ferma ogni fronda; e come se l'aria avesse perduto ogni sua arte, non sa cavare dal folto alcun suono, se non si gonfia in folate di vento, che fischiano aspre fra i tronchi. E. Mosna
Al mattino, svegliandosi, il bambino vide sui vetri della sua stanza e del salotto e perfino dela cucina un giuoco di fiori arabescati di ghiaccio, così, gelati da far venire freddo a guardarli, eppure così, gentili e complicati e fantasiosi che le manine del bimbo si sentivano attratte a toccarli. Curiosa mattina d'inverno: si sentiva. nell'aria il bianco della neve, eppure non c'era la neve; stava sugli alberi il grigio argentato e splendente della brina, eppure non era brina. Una brinata simile, se mai di brina si trattasse, non s'era mai vista da quelle parti. Non venne il sole, non sarebbe venuto per tutta la giornata. Eppure non si poteva dire che il cielo fosse carico di nubi grevi. Era piuttosto un velo celeste tramato di bianco e di luce. E sotto quel cielo di bambagia lucente incominciò, verso le nove del mattino, un fenomeno incredibile: una specie di musica, forse perché l'aria era mossa da un vento invisibile, una musica di punte croccanti, di spade tintinnanti. Lieve, questa musica, si propagava da albero a albero, da cespuglio a cespuglio. E dove era più acuta, quasi di aghi fischiettanti; dove era più dolce, come di seta lucente. B. Tecchi
Tutto era come un bagliore musicante...
C'erano quiete sere invernali, grigio chiaro, rosa scuro. Nel crepuscolo luminoso si delineavano le nere cime delle betulle, sottili come segni grafici. Sotto la trama grigia della leggera crosta di ghiaccio neri ruscelli scorrevano tra rive formate da bianchi cumuli di neve; corrosi in basso dalla scura acqua corrente. Una sera simile, di gelo, d'un grigio trasparente, da far dolere il cuore, che faceva pensare alle fronde del salice, stava appunto per scendere dinanzi alla casa. Boris Pasternak